domenica 30 ottobre 2016

Da Basilea III a “Basilea IV”: troveremo ancora le banche?


A livello europeo si parla di una imminente revisione degli standard dell’intesa denominata “Basilea III”, per  realizzare una nuova intesa denominata “Basilea IV”. Già con l’intesa oggi in vigore i requisiti patrimoniali, richiesti alle banche italiane ed europee per poter operare senza incorrere nei rilievi e nelle imposizioni della Banca Centrale Europea, sono aumentati e hanno inevitabilmente comportato restrizioni creditizie nei confronti della  clientela, persone e imprese.
La prudenza in materia finanziaria per gli istituti di credito è un criterio importante, ma quando si fondano direttive generali su meccanismi di estrema cautela finanziaria sulla base della preoccupazione – di per sé giusta – di disporre di banche patrimonialmente “solide” e quando per realizzare questo obiettivo si esaspera la ricerca della patrimonializzazione gli effetti non possono che essere, come direbbero gli economisti, “prociclici”. Si amplificano cioè le tendenze in atto in un determinato momento nel sistema economico: se la fase del ciclo economico è in espansione il credito bancario è più disponibile, anche se le imprese generano utili e forse ne hanno meno bisogno; se la fase invece presenta tratti di stagnazione o recessione (e da noi questa fase dura ormai da tanto tempo) il ricorso al credito bancario per sostenere la continuità dell’impresa risulta meno agevole. Le banche si fidano meno e temono di incrementare la massa dei crediti inesigibili pregiudicando il rispetto dei requisiti patrimoniali richiesti dalle autorità bancarie nazionali e internazionali. Purtroppo questo meccanismo concorre così a mantenere un sistema economico nella stagnazione, che ha tante cause, ma, non ultima, proprio questa.
Con “Basilea IV”, almeno riferendosi a quanto previsto attualmente, i metodi interni per la valutazione del rischio di credito - che tutte le banche utilizzano – potrebbero essere aboliti o fortemente ridimensionati a favore dell’applicazione di un metodo standardizzato che obbligherebbe le banche a ricorrere ad aumenti di capitale rilevanti, per rispettare i  requisiti patrimoniali che il nuovo metodo imporrebbe.  E’ chiaro che così i finanziamenti alle imprese – la cosiddetta “economia reale” – si contrarrebbero ancora di più.
Di quanto capitale aggiuntivo ci sarebbe bisogno? Secondo un’analisi dell’Associazione Bancaria Italiana condotta su 18  realtà  italiane sulla base dei dati 2013-2015, più del 25% delle strutture bancarie di minori dimensioni con il calcolo standardizzato registrerebbero aumenti dei requisiti patrimoniali minimi consentiti. Per il campione nel suo complesso l’aumento medio sarebbe del 46%, e un quarto registrerebbe un aumento pari o maggiore al 72% rispetto ai requisiti rispettati attualmente.
C’è da chiedersi se la cautela finanziaria – frutto di una reazione a livello internazionale a certa finanza “disinvolta” praticata in passato da molte banche – non stia progressivamente diventando una camicia di forza per le capacità operative delle banche. E c’è da chiedersi come se la caveranno le banche più piccole, che spesso sono anche quelle che in Italia (ma non solo, se pensiamo alle banche locali tedesche) fanno fronte alle esigenze di credito dei territori dove sono insediate e dove trovano la maggior parte dei clienti. E’ evidente che si dovrà infatti ricorrere a fusioni e accorpamenti tra banche, in misura molto maggiore di quanto già accade oggi, rendendo sempre più esile il legame tra banca e territorio e spersonalizzando sempre di più il rapporto tra chi eroga il credito e chi lo ottiene.
Non sappiamo se le trattative  in corso produrranno modifiche all’impianto pensato finora, e speriamo in un ripensamento.  In tutto questo leggiamo comunque un ulteriore elemento di scollamento della finanza dall’economia reale, per noi lo strumento principale per creare sviluppo. Ci sembra che la finanza  stia vivendo dinamiche sempre più autoreferenziali, che la impegnano in una corsa solitaria, quando invece risulta sempre più evidente la necessità di ricomporre un quadro logico delle relazioni economiche, ristabilendo legami solidi (ma certamente trasparenti e compatibili con una corretta gestione) tra finanza e impresa.

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