A livello europeo si parla di una imminente revisione degli
standard dell’intesa denominata “Basilea III”, per realizzare una nuova intesa denominata
“Basilea IV”. Già con l’intesa oggi in vigore i requisiti patrimoniali,
richiesti alle banche italiane ed europee per poter operare senza incorrere nei
rilievi e nelle imposizioni della Banca Centrale Europea, sono aumentati e
hanno inevitabilmente comportato restrizioni creditizie nei confronti
della clientela, persone e imprese.
La prudenza in materia finanziaria per gli istituti di
credito è un criterio importante, ma quando si fondano direttive generali su
meccanismi di estrema cautela finanziaria sulla base della preoccupazione – di
per sé giusta – di disporre di banche patrimonialmente “solide” e quando per
realizzare questo obiettivo si esaspera la ricerca della patrimonializzazione
gli effetti non possono che essere, come direbbero gli economisti,
“prociclici”. Si amplificano cioè le tendenze in atto in un determinato momento
nel sistema economico: se la fase del ciclo economico è in espansione il
credito bancario è più disponibile, anche se le imprese generano utili e forse
ne hanno meno bisogno; se la fase invece presenta tratti di stagnazione o
recessione (e da noi questa fase dura ormai da tanto tempo) il ricorso al
credito bancario per sostenere la continuità dell’impresa risulta meno agevole.
Le banche si fidano meno e temono di incrementare la massa dei crediti
inesigibili pregiudicando il rispetto dei requisiti patrimoniali richiesti
dalle autorità bancarie nazionali e internazionali. Purtroppo questo meccanismo
concorre così a mantenere un sistema economico nella stagnazione, che ha tante
cause, ma, non ultima, proprio questa.
Con “Basilea IV”, almeno riferendosi a quanto previsto
attualmente, i metodi interni per la valutazione del rischio di credito - che
tutte le banche utilizzano – potrebbero essere aboliti o fortemente
ridimensionati a favore dell’applicazione di un metodo standardizzato che
obbligherebbe le banche a ricorrere ad aumenti di capitale rilevanti, per
rispettare i requisiti patrimoniali che
il nuovo metodo imporrebbe. E’ chiaro
che così i finanziamenti alle imprese – la cosiddetta “economia reale” – si
contrarrebbero ancora di più.
Di quanto capitale aggiuntivo ci sarebbe bisogno? Secondo
un’analisi dell’Associazione Bancaria Italiana condotta su 18 realtà
italiane sulla base dei dati 2013-2015, più del 25% delle strutture
bancarie di minori dimensioni con il calcolo standardizzato registrerebbero
aumenti dei requisiti patrimoniali minimi consentiti. Per il campione nel suo
complesso l’aumento medio sarebbe del 46%, e un quarto registrerebbe un aumento
pari o maggiore al 72% rispetto ai requisiti rispettati attualmente.
C’è da chiedersi se la cautela finanziaria – frutto di una
reazione a livello internazionale a certa finanza “disinvolta” praticata in
passato da molte banche – non stia progressivamente diventando una camicia di
forza per le capacità operative delle banche. E c’è da chiedersi come se la
caveranno le banche più piccole, che spesso sono anche quelle che in Italia (ma
non solo, se pensiamo alle banche locali tedesche) fanno fronte alle esigenze
di credito dei territori dove sono insediate e dove trovano la maggior parte
dei clienti. E’ evidente che si dovrà infatti ricorrere a fusioni e
accorpamenti tra banche, in misura molto maggiore di quanto già accade oggi,
rendendo sempre più esile il legame tra banca e territorio e spersonalizzando
sempre di più il rapporto tra chi eroga il credito e chi lo ottiene.
Non sappiamo se le trattative in corso produrranno modifiche all’impianto
pensato finora, e speriamo in un ripensamento.
In tutto questo leggiamo comunque un ulteriore elemento di scollamento
della finanza dall’economia reale, per noi lo strumento principale per creare
sviluppo. Ci sembra che la finanza stia
vivendo dinamiche sempre più autoreferenziali, che la impegnano in una corsa
solitaria, quando invece risulta sempre più evidente la necessità di ricomporre
un quadro logico delle relazioni economiche, ristabilendo legami solidi (ma
certamente trasparenti e compatibili con una corretta gestione) tra finanza e
impresa.